Massimiliano Caldi, direttore d’orchestra, ci racconta del suo dress code

Massimiliano Caldi, direttore d’orchestra, ci racconta del suo dress code

Durante l’intervista condotta presso il suo studio a Milano, Massimiliano Caldi, direttore d’orchestra, ci racconta del suo dress code, e dei Gentlemen nel mondo della musica.

Oggi abbiamo il piacere di incontrare Massimiliano Caldi, Direttore Principale della Filarmonica di Rzeszów, Polonia, e Primo Direttore Ospite della Filarmonica Polacca Baltica di Danzica. Massimiliano, è proprio vero ciò che si dice, e cioè che il mestiere del direttore d’orchestra preveda una propria divisa personale? Lei quale predilige?

Io ho prediletto il frac. Il dress code è importante, che sia una camicia nera con pantalone nero, che sia anche una giacca e una cravatta, un doppiopetto, però ecco è una costante che poi i direttori d’orchestra usano sempre.

Com’è Massimiliano Caldi in versione casual?

D’inverno polo amaniche lunghe, d’estate polo a maniche corte, ma il blue jeans resta. Voglio sentirmi comodo, e ho sempre comunque una giacca.

Boggi Milano si distingue nel mondo per il suo stile italiano. C’è un’interpretazione tipicamente italiana anche della musica classica?

Per me l’interpretazione italiana della musica classica è Muti che dirige Verdi.

Boggi Milano è fedele ai canoni tradizionali della moda maschile ma allo stesso tempo si evolve con ogni collezione. Succede lo stesso anche con la sua musica?

Succede eccome. Con Toscanini per poi continuare con Muti, nella storia della direzione d’orchestra, siamo tornati al segno fedele come è stato scritto dal compositore, nella storia del pianismo ad esempio con Michelangeli, con Pollini.

Lei è abituato a ricevere applausi e premi, potrebbe però dirci qual è l’aspetto più difficile del suo mestiere?

L’aspetto più difficile del mio mestiere è il momento in cui gli applausi finiscono o non sono ancora iniziati, il momento difficile è l’ora immediatamente prima del concerto o dell’opera in cui ti senti una nullità di fronte al pubblico che ti aspetta fuori, di fronte all’orchestra che deve suonare con te. Il secondo momento più difficile è dopo gli applausi. Ci sono tante variabili di fronte alle quali ci si trova poi da soli a rimuginare quando si torna in albergo o nell’appartamento.

Nel settore musicale ha conosciuto qualcuno che meglio di altri esprime il concetto di Gentleman?

Nel campo della direzione d’orchestra un vero Gentleman è il grande direttore indiano Zubin Mehta, elegante nei modi, nel parlare, nel relazionarsi anche con i professori d’orchestra.

Boggi Milano non racconta uomini perfetti, ma uomini che riescono a fare dei propri difetti un punto di forza. C’è un suo difetto a cui non potrebbe rinunciare?

Mia moglie mi dice che sono egocentrico e che non lascio parlare, le orchestre a volte dicono che sono logorroico… Ecco l’unica cosa che forse mi piacerebbe tenere è la testardaggine, che però nel mio lavoro diventa una virtù.

Secondo Boggi Milano esistono delle regole precise che nel Gentleman sono innate. Qual è la prima regola del Gentleman secondo Massimiliano Caldi?

Io credo che il vero Gentleman sia colui che non ha bisogno di affermarsi a tutti costi, per poi tirare fuori le proprie qualità quando ce ne è veramente bisogno. Ascoltare gli altri, sapere ascoltare.

Il Gentleman sa come far sentire importante la propria compagna. Secondo lei, qual è il segreto per conquistare una donna?

Parlando per esperienza personale e attuale, direi mettersi sempre nelle condizioni di saperla ascoltare.

Alcuni pianisti jazz hanno un accordo personale che suonano prima di una performance per esprimere la propria identità musicale. C’è un accordo che le piace particolarmente?

Se devo citare un accordo, o meglio una serie di accordi che in questi giorni mi hanno fra virgolette tirato dentro in maniera particolare sono quelli di un certo passaggio dal Prologo dall’opera Mefistofele di Arrigo Boito che ho diretto a fine giugno alla Filarmonica Baltica e, se volete, vado al mio Bechstein…

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